La fotografia medica è una branca della fotografia molto specialistica dove l’uso della tecnica è di fondamentale importanza.

La fotografia è una materia molto varia e ci sono tante branche in cui cimentarsi: dalla street alla macro, dai ritratti ai panorami fino ad arrivare anche alla fotografia da cerimonia.

La cosa, secondo me, più affascinante è la vastità delle scelte che si possono attuare. Ognuno può sperimentare il proprio ambito senza necessariamente avere un occhio fotografico, sarà sufficiente conoscere e adottare la tecnica per arrivare comunque ad una buona fotografia. Questo è quello che succede nella fotografia generale in cui si ricerca il massimo del risultato estetico, il messaggio da comunicare e il punto di vista di chi scatta la fotografia.

È sicuramente successo a tutti che durante la propria vita con uno smartphone e fotografando con esso ci si è chiesti: “che bella foto fa questo telefono e allora a che mi serve avere dei sistemi professionali se con tutto in automatico riesco ad ottenere dei risultati così buoni?”.
Innegabilmente la moderna tecnologia sta facendo passi da gigante ed è arrivata a creare sensori e ottiche per smartphone sempre più di elevata qualità tanto da far credere che si possa sostituire un sistema professionale con uno smartphone avanzato e di fascia alta. Importando le foto sul computer o vedendole su schermi più grandi iniziano i primi problemi come ad esempio facendo un ingrandimento si vedrà la foto che inizia a “sgranarsi” (cioè mostrare tanti quadratini).
Quindi non possiamo fare altro che fornirci di sistemi semi professionali o professionali che ci possano portare il massimo risultato possibile.

Nella fotografia medica la differenza che prima di tutte balza agli occhi, anche dei non addetti ai lavori, è la ricerca della scena totalmente a fuoco, o comunque la maggior parte di essa, che normalmente nella foto macro generale non è essenziale, anzi spesso controproducente, in quanto nella macro avere un soggetto (ad esempio un insetto) che sia ben a fuoco e il resto sfuocato ci permette (visivamente) di averlo come se fosse tridimensionale nella scena e come io dico spesso: “prende vita emergendo dallo sfondo”

Ma le differenze sono anche nella problematica atavica di ricercare la più corretta informazione possibile della realtà, questo significa che la foto deve portare agli occhi di chi la guarda una scena senza dominanti di colore e soprattutto avere una fedeltà di colorazione quanto più vicina possibile al reale.

Nella fotografia di documentazione medica due cose sono molto importanti, se non fondamentali, la ripetibilità e la sovrapponibilità.
La ripetibilità si ottiene effettuando riprese, prima, durante e dopo il trattamento che abbiamo le stesse impostazioni della fotocamera e soprattutto del, o dei, flash in modo che la luce che arriva al soggetto sia sempre con la stessa potenza e che le impostazioni di fotocamera diano sempre lo stesso risultato.
Per sovrapponibilità si intende la possibilità data dal rapporto di ingrandimento di avere la stessa distanza dal soggetto durante ogni scatto di quella scena, questo è importante per far vedere bene il cambio che il paziente ha durante il trattamento. Un esempio è quello dell’ortodonzia dove possiamo vedere il cambio della bocca dei pazienti e creare delle slide con dissolvenza in cui si può evidenziare (come in un film) il movimento ottenuto dei denti.

Quindi già da queste differenze possiamo intuire la difficoltà che incontrerebbe una persona, anche se fotografo professionista, con la fotografia medica, questa particolare branca di fotografia ha bisogno non di estro artistico ma di documentazione scientifica che si potrà avere esclusivamente applicando delle regole con cui poi si otterrà una foto tecnicamente perfetta. Mentre nella foto generale si cerca di rendere bello quello che si vede, una cosa sacrosanta e giusta, la foto di documentazione non ha bisogno del bello ma della realtà. Con questo inciso non voglio dire che non si possono fare delle foto enfatizzanti in medicina e non voglio dire che non si deve ricercare il bello ma prima è necessaria una documentazione scientifica tramite giusti protocolli e poi si potranno effettuare scatti “enfatici”.
Di questo aspetto ha trattato il Dr. Bengel nel suo libro di fotografia dentale (La fotografia in odontoiatria e in odontotecnica – Wolfgang Bengel – 1987) in cui è presente una frase che fa capire benissimo questo concetto: “Le riprese fotografiche che siano state effettuate per documentazione, non debbono “piacere” all’osservatore, ma debbono veicolare il massimo dell’informazione”.

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